La tecnica poco ortodossa della solargrafia consiste nel lasciare esporre lentamente, ad una luce flebilissima, e per mesi, della carta fotografica da camera oscura.
A tale scopo si rendono perfette pinhole fatte con barattoli e oggetti di recupero domestico, di nessun valore, e resistenti (o impermeabilizzabili) all’acqua e alle intemperie. Lasciare queste scatole nascoste all’aperto per molto tempo implica anche l’esigenza di nasconderle o camuffarle, per evitare che vengano danneggiate o mosse da curiosi.
Per la presenza di minuscole particelle di sostanze sviluppanti anche nell’atmosfera (celebre fu un esperimento analogo di ambientalisti tedeschi che riuscirono a sviluppare – male – un film anche con le acque di un fiume inquinato), grazie alla combinazione con la vastissima sovraesposizione, le carte fotografiche, dopo mesi, riescono a dare questo particolarissimo risultato, senza bisogno di passare per la camera oscura.
Il risultato è purtroppo temporaneo; una volta riportate alla luce le immagini non durano più di mezza giornata e svaniscono, c’è giusto il tempo di scannerizzarle e invertirle col più banale dei software.
Eccone alcuni esempi “piantati” e “raccolti” durante il 2012:

La Scatola Oscura per “Progetto Oskar“, solargrafia estiva dell’intervento di crescita e raccolta dei pomodorini
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molto belle quete immagini… penso che proverò. grazie…
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